Vittime del proprio coraggio

Ieri ho incontrato Mirjan Shpatina, il ragazzo albanese con cittadinanza italiana a cui hanno fracassato la testa con un fendente di bottiglia dalle spalle. Dimesso dall’ospedale con 45 gg di prognosi, camminava a passo lento, sorridente e malinconico, lungo il corridoio dell’Ipercoop Il Castello.

«Cos’è successo?»

«Ho visto che vendevano una dose a un ragazzetto…»

«Cavolo, Mirjan, ma lo sapevi… perché sei intervenuto?»

Una storia tradizionale indiana narra di un vecchio sannyasi, un monaco induista, che sedeva sulla riva di un fiume ripetendo silenziosamente il suo mantra. D’improvviso, vicino a lui, uno scorpione cadde da un albero nel fiume. Il sannayasi, vedendolo dibattersi nel fiume, si chinò, lo raccolse e lo rimise al suo posto sull’albero. Mentre così faceva, lo scorpione lo punse. Il sannayasi non si scompose e continuò a recitare il suo mantra.

Poco tempo dopo, lo scorpione cadde nuovamente nel fiume. E di nuovo, il sannayasi lo tirò fuori dall’acqua e mentre lo riponeva sull’albero fu punto. La faccenda si ripeté più volte: il sannayasi salvava lo scorpione e lo scorpione lo pungeva.

Nei pressi c’era un abitante del villaggio che era venuto al fiume per prendere dell’acqua e aveva osservato tutta la scena. Non conoscendo il modo di fare dei monaci, non riuscì a trattenersi e disse al sannayasi, un po’ preoccupato:

«Swamiji, ho visto che hai salvato più volte quello stupido scorpione, e ogni volta lui ti ha punto. Perché non lasci quella canaglia al suo destino?».

«Fratello» rispose il sannayasi, «lui non può farne a meno; pungere è nella sua natura».

«Sono d’accordo» disse l’uomo, «ma sapendolo, perché non lo eviti?».

«Ah fratello» fece di rimando il monaco, «vedi, anch’io non posso farne a meno. Sono un essere umano. È nella mia natura salvare gli altri».

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Ti auguro una pronta guarigione… amico mio!

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